Non può essere considerato un “investitore” per gli effetti del credito d’imposta per attività di ricerca e sviluppo (articolo 3 del Dl n. 145/2013) un soggetto istituzionalmente deputato ex lege allo svolgimento di attività soggette a un sistema regolatorio pubblico, il quale prevede un meccanismo di finanziamento delle attività totalmente derivante dall’addebito di una “tariffa” a carico di soggetti privati (consumatori). Questo il chiarimento espresso con il principio di diritto n. 17 del 31 dicembre 2021 sulla nozione di soggetto “investitore”.
Con riguardo agli aspetti sostanziali della questione, l’Agenzia delle entrate, infatti, rileva che le attività di ricerca e sviluppo svolte costituiscono attività che rientrano nell’esecuzione dei compiti istituzionali assegnati e, in quanto tali, direttamente e pienamente remunerate nell’ambito di tale rapporto con il soggetto pubblico.
In pratica, nel caso in esame il rischio è integralmente coperto dalle specifiche componenti della tariffa e, pertanto, il soggetto, pur rientrando in via di principio tra i potenziali beneficiari della disciplina del credito d’imposta, non può accedere al beneficio non potendo essere considerato un soggetto “investitore” nell’accezione rilevante ai fini della disciplina agevolativa.
Il credito d’imposta ricerca e sviluppo, infatti, spiegano le Entrate, è rivolto a coloro che nella veste di imprese effettuano investimenti, cioè investono risorse in attività di ricerca e sviluppo, ne sostengono i relativi costi, assumendone il rischio e avvalendosi degli eventuali risultati, mentre non spetta a coloro che, pur eseguendo tali attività, non restano incisi dei relativi costi e non sopportano il rischio degli investimenti né acquisiscono i benefici della ricerca svolta (cfr. circolare n. 13/2017).
by Liberato Ferrara Area Imprese Network
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