La presenza del logo aziendale sulle divise dell’associazione sportiva e di tabelloni pubblicitari a bordo campo costituisce prova della effettività delle operazioni di sponsorizzazione: presunzioni dell’Ufficio superate, sì alla deducibilità delle spese.
Con sentenza n.1012 del 7 febbraio 2022, la CTR della Sicilia ha rigettato le ragioni con cui l’Agenzia delle Entrate si era opposta all’annullamento di un avviso di accertamento emesso nei confronti di una Srl, per opera della CTP.
L’avviso in questione era stato emesso ai fini del recupero a tassazione di alcuni costi per sponsorizzazioni, non riconosciuti come deducibili.
L’Ufficio, in particolare, aveva operato in base a presunzioni semplici per arrivare alla conclusione che si trattava di operazioni di sovrafatturazione in forza dei seguenti rilievi:
– rilevanti somme, accertate mediante “spesometro”;
scarsi benefici, in termini di aumento del fatturato per la sponsorizzazione, conseguiti a fronte di un esborso di 20mila euro + Iva;
– fatturazioni molto più contenute registrate da altre società calcistiche operanti nella medesima categoria;
– irregolarità della contabilità della squadra sponsorizzata;
-confronto tra quanto fatturato dal club calcistico nei confronti di “altri sponsor”.
Secondo la CTP, tali presunzioni erano tuttavia smentite dalla produzione documentale depositata in atti dalla società contribuente.
Risultavano infatti allegati: contratti di sponsorizzazioni, fatture, ordini di pagamento, fotografie riproducenti il logo aziendale sulle divise dell’associazione sportiva e tabelloni pubblicitari a bordo del campo di calcio.
Inoltre era accertato che il costo complessivo di 20mila euro per sponsorizzazioni con associazioni sportive, dichiarato per l’anno d’imposta di riferimento, era contenuto nei limiti di legge di 200mila euro.
Pertanto il comportamento della società contribuente non poteva essere ritenuto antieconomico e non inerente, e ciò in ragione della natura di presunzione assoluta della disposizione di cui all’art. 90, comma 8, della Legge n. 289/2002.
Le predette conclusioni sono state confermate anche dalla Commissione tributaria regionale, secondo la quale la CTP aveva correttamente rilevato che gli indizi e le rilevazioni dell’Ufficio erano privi di valore dimostrativo, non potendo integrare i requisiti di gravità, precisione e concordanza, previsti nella normativa vigente, e risultando ampiamente superati dalla copiosa documentazione prodotta in atti.
Grazie a quest’ultima, infatti, era stato accertato che la pubblicità era stata realmente effettuata.
Anche in sede di appello, quindi, è stata confermata l’esistenza delle operazioni di sponsorizzazione sottese alla fattura contestata e la corretta applicazione dell’art. 90 della Legge Finanziaria 2003.
Articolo con cui – ha ribadito la decisione – il legislatore ha introdotto la presunzione assoluta secondo la quale il corrispettivo in denaro o in natura, corrisposto in favore di associazioni sportive dilettantistiche riconosciute dalle federazioni sportive nazionali o da enti di promozione sportiva, costituisce ope legis, per il soggetto erogante, spesa di pubblicità purché di importo annuo non superiore a 200mila euro.
Per i giudici regionali, inoltre, la deducibilità dei costi di sponsorizzazione non può essere subordinata a un incremento determinato e preciso dei ricavi, essendo sufficiente una loro correlazione in senso ampio.
In materia di inerenza dei costi deducibili – ha ricordato altresì la CTR, richiamando la più recente giurisprudenza della Cassazione – deve rinvenirsi una correlazione del costo di cui si tratta non in relazione ai ricavi, bensì in relazione all’attività imprenditoriale nel suo complesso, avuto riguardo all’oggetto dell’impresa.
La ratio di tale impostazione riposa sulla nozione di reddito d’impresa e non sulla correlazione tra costi e ricavi di cui all’art. 109, comma 5, TUIR, escludendosi dal novero dei costi deducibili solo quelli che si collocano in una sfera estranea all’attività imprenditoriale.
Ne discende:
– da un lato, che non assume rilevanza, in quanto tale, la congruità o l’utilità del costo rispetto ai ricavi, dovendosi dare un giudizio di inerenza di carattere qualitativo e non quantitativo;
– dall’altro, che l’antieconomicità del costo (rispetto al ricavo atteso) degrada a mero elemento sintomatico della carenza di inerenza (come peraltro da ultimo ricordato dalla Cassazione con sentenza n. 2597/2022).
In conseguenza di tale impostazione – ricorda la Commissione, a titolo esemplificativo – sono stati ritenuti deducibili, in quanto inerenti, costi relativi ad attività di carattere preparatorio, come anche costi strumentali ad attività future e di potenziale proiezione dell’attività imprenditoriale.
by Liberato Ferrara Area Imprese Network
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