Il Dl n. 146/2021 (“decreto fiscale 2022”) ha modificato la disciplina Iva con l’obiettivo di offrire il più ampio supporto fiscale alla lotta contro la pandemia. Tale modifica, voluta e promossa dall’Unione europea, è stata illustrata nella circolare n. 5/E dell’Agenzia delle entrate del 25 febbraio, che ha anche fornito i primi chiarimenti in merito a decorrenza e adempimenti connessi.
Sin dall’inizio della pandemia l’Unione europea ha cercato di supportare le attività di contrasto al Covid-19 ricorrendo anche a specifici interventi di natura fiscale. In ambito Iva la direttiva 2020/2020 del Consiglio Ue del 7 dicembre 2020, modificando la direttiva n. 2006/112/Ce (“direttiva Iva”), ha dato la possibilità agli Stati membri di prevedere una esenzione da imposta, con diritto alla detrazione dell’Iva sugli acquisti, relativamente alle forniture di dispositivi medico-diagnostici in vitro (tamponi antigenici) e vaccini anti-Covid in possesso di specifici requisiti, nonché alle prestazioni di servizi a questi strettamente connessi.
Tali previsioni, recepite integralmente dal legislatore nazionale con i commi 452 e 453 della legge di bilancio 2021, hanno una durata temporanea, essendo la portata dell’esenzione limitata alle sole operazioni effettuate fino al 31 dicembre 2022.
I citati interventi sulla disciplina Iva sono stati reputati dal Consiglio Ue “non sufficienti” a contrastare il fenomeno epidemiologico, in considerazione sia della durata temporale limitata degli stessi (fino al 31 dicembre 2022) che della loro focalizzazione solo su specifici beni e servizi (concernenti appunto tamponi antigenici e vaccini).
Per tale ordine di ragioni la direttiva n. 2021/1159 del Consiglio del 13 luglio 2021, modificando anch’essa ulteriormente la direttiva Iva, ha previsto “a regime” la non imponibilità su tutte le cessioni di beni e le prestazioni di servizi, nonché sulle importazioni di beni, qualora tali operazioni siano effettuate a favore della Commissione europea, di un’agenzia o di un organismo appositamente istituito dall’Unione europea (di seguito sinteticamente “organismi Ue”), e da questi destinati a fronteggiare la pandemia Covid-19 in base agli specifici compiti conferiti dal diritto dell’Unione.
Con il comma 15-bis dell’articolo 5 del decreto fiscale 2022 il legislatore nazionale ha recepito quanto previsto dalla direttiva (Ue) 2021/1159 apportando alcune modifiche strutturali al Dpr n. 633/1972. La novella normativa, in particolare, intervenendo sul comma 1 dell’articolo 72 del decreto Iva, ha integrato l’elencazione delle operazioni non imponibili ai fini Iva inserendo la lettera c-bis), riguardante in particolare “le cessioni di beni effettuate nei confronti della Commissione europea o di un’agenzia o di un organismo istituito a norma del diritto dell’Unione europea, qualora la Commissione o tale agenzia od organismo acquisti tali beni o servizi nell’ambito dell’esecuzione dei compiti conferiti dal diritto dell’Unione europea al fine di rispondere alla pandemia di COVID-19, tranne nel caso in cui i beni e i servizi acquistati siano utilizzati, immediatamente o in seguito, ai fini di ulteriori cessioni o prestazioni effettuate a titolo oneroso dalla Commissione o da tale agenzia od organismo”. In base alla norma, inoltre, il venir meno delle finalità anti-Covid comporta l’obbligo per l’organismo Ue di darne comunicazione all’amministrazione finanziaria, con l’effetto che l’operazione diventa soggetta a imposta “alle condizioni applicabili in quel momento”.
In relazione, invece, alle importazioni di beni effettuate dagli organismi Ue alcun intervento legislativo si è reso necessario. Prevedendo, infatti, l’articolo 68 del Dpr n. 633/1972 che generalmente è soggetto ad Iva “ogni altra importazione definitiva di beni la cui cessione è esente dall’imposta o non vi è soggetta a norma dell’articolo 72”, l’inserimento nell’articolo 72 della nuova lettera c-bis) comporta, di conseguenza, l’attrazione nella sfera della non imponibilità Iva anche delle importazioni di beni da parte degli organismi Ue finalizzate ad eseguire compiti istituzionali anti-pandemia.
Il comma 15-ter dell’articolo 5 del decreto fiscale 2022, infine, contiene due precisazioni molto rilevanti in merito all’efficacia della disposizione. Prima di tutto è previsto che la non imponibilità Iva decorre dal 1° gennaio 2021. Ciò significa che la citata ipotesi di non imponibilità ha un’efficacia retroattiva rispetto alla data di entrata in vigore della norma, ma anche rispetto alla data della direttiva che l’ha istituita. In subordine, inoltre, per rendere non imponibili le operazioni assoggettate a Iva ed effettuate prima della data di entrata in vigore della norma, i contribuenti potranno emettere note di variazione in diminuzione dell’imposta ai sensi dell’articolo 26 del decreto Iva.
La circolare n. 5/E ha precisato che per le operazioni assoggettate a Iva tra il 1° gennaio e il 21 dicembre 2021 – data, quest’ultima, di entrata in vigore del decreto fiscale 2022 – i soggetti fornitori potranno emettere note di variazione in diminuzione dell’imposta a suo tempo addebitata, ai sensi dell’articolo 26 del Dpr n. 633/1972, con riferimento a tutte quelle forniture di beni e servizi per le quali siano a conoscenza di una destinazione d’uso coerente con la norma. Potranno emettere nota di variazione, ad esempio, i contribuenti che abbiano ricevuto richiesta da parte degli organismi Ue di restituzione dell’Iva pagata (e non dovuta) sulle forniture già destinate ai programmi anti-Covid.
Visti i termini per l’esercizio del diritto alla detrazione di cui all’articolo 19 del decreto Iva, la nota di variazione potrà essere emessa entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa all’anno dell’entrata in vigore della norma ovvero, considerato che il 30 aprile 2022 cade di sabato, entro il 2 maggio 2022.
A causa del ridotto tempo a disposizione per poter emettere la citata nota, considerata anche l’eccezionalità della fattispecie prevista – avente a oggetto operazioni regolarmente fatturate con Iva, ma divenute ex lege retroattivamente non imponibili – l’Agenzia ha ritenuto ammissibile poter emettere un’unica nota di variazione cumulativa, anche in modalità semplificata, per ciascun organismo Ue, con la condizione che la nota richiami le singole fatture alle quali si riferisce, nonché i relativi importi.
Lo spirare del 2 maggio 2022 senza aver emesso la citata nota, tuttavia, non comporta automaticamente la perdita del diritto a recuperare l’imposta non dovuta. In presenza dei presupposti previsti dalla norma, infatti, sarà possibile presentare istanza di rimborso ex articolo 30-ter del decreto Iva entro due anni dalla data in cui si è verificato il presupposto alla restituzione. Il ricorso alla procedura di rimborso, spiega l’Agenzia, risulta infatti percorribile alla fattispecie in esame in quanto l’intervenuta scadenza del termine di decadenza per l’esercizio del diritto alla detrazione non è da imputare a una “colpevole” inerzia del soggetto passivo.
La circolare fornisce, infine, un altro importante chiarimento interpretativo – non desumibile in maniera immediata dalla lettura della norma – in merito ai casi di sopravvenuto cambio di destinazione dei beni e servizi acquistati senza Iva da parte di organismi Ue. Questi ultimi, oltre a informare l’amministrazione finanziaria (come previsto chiaramente dalla norma), dovranno informare anche il cedente/prestatore affinché questo possa emettere la relativa nota di debito e assoggettare l’operazione a Iva secondo le condizioni applicabili alla data in cui l’operazione stessa è stata effettuata.
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