Negli ultimi tempi si sta diffondendo sempre più la “cessione di cubatura”. Si tratta, secondo l’orientamento della Corte di cassazione, di un negozio giuridico consistente “…in un accordo tra proprietari di aree contigue comunque dotate del requisito della reciproca prossimità aventi la medesima destinazione urbanistica, in forza del quale il proprietario di un’area edificabile non sfrutta per sé la cubatura realizzabile sul proprio terreno, al fine di consentire all’altro di disporre di una volumetria maggiore di quella espressa dal terreno di sua proprietà. In altri termini, con la cessione di cubatura il proprietario del fondo distacca in tutto o in parte la facoltà inerente al suo diritto dominicale di costruire nei limiti della cubatura concessagli dal piano regolatore e, formando un diritto a sé stante, lo trasferisce definitivamente all’acquirente, a beneficio del fondo di costui.” (Cassazione, ordinanza n. 19152/2020).
La cessione di cubatura è, quindi, un accordo tra proprietari di aree situate in prossimità in base al quale un soggetto si obbliga a non sfruttare tutta o parte della volumetria di pertinenza del proprio fondo, in modo che il proprietario del fondo limitrofo potrà utilizzare una volumetria maggiore rispetto a quella prevista dagli strumenti urbanistici.
In merito alla descritta fattispecie sono sorte incertezze, anche a livello giurisprudenziale, per quanto riguarda l’applicazione dell’imposta di registro.
In particolare:
- secondo un primo orientamento, con la cessione di cubatura vengono trasferite alcune facoltà aventi caratteri di realità e inerenti al diritto di proprietà.
Pertanto, bisognerebbe applicare la tassazione prevista per i trasferimenti di diritti immobiliari, con conseguente applicazione delle aliquote di cui all’articolo 1 della tariffa, parte prima, allegata al Testo unico sull’imposta di registro (Dpr n. 131/1986).
In questo senso si è pronunciata la Corte di cassazione con l’ordinanza n. 5576/2010 e le sentenze n. 10979/2007, n. 7417/2003 e n. 6807/1988 - secondo un altro orientamento, dalla cessione di cubatura deriverebbero effetti meramente obbligatori considerato che il trasferimento della cubatura non deriva semplicemente dall’accordo tra i proprietari dei rispettivi fondi, ma si realizza solo con il successivo provvedimento amministrativo, discrezionale e non vincolato, emesso dall’organo competente. Questo provvedimento viene emesso a seguito della rinuncia alla volumetria manifestata dal cedente.
In questo senso si è pronunciata la Cassazione con le sentenze n. 24948/2018, n. 1352/1996, n. 6807/1988 e n. 4245/1981.
In pratica, secondo questa ricostruzione, con la cessione di cubatura, il cedente assumerebbe soltanto l’obbligo di prestare il proprio consenso affinché la cubatura (o parte di essa) che gli compete in base agli strumenti urbanistici venga attribuita, dalla pubblica amministrazione, al proprietario del fondo vicino, in modo che quest’ultimo possa realizzare un fabbricato con una volumetria maggiore di quella cui avrebbe altrimenti diritto.
La circostanza che, ai fini del perfezionamento della cessione di cubatura, la Pa deve emettere un atto amministrativo, implica che l’accordo tra i proprietari dei fondi interessati sia privo dei caratteri di immediatezza e assolutezza, tipici dei diritti reali.
In particolare, con la citata sentenza n. 6807/1988 si è affermato che, prima del rilascio del provvedimento amministrativo “…sussiste soltanto un vincolo obbligatorio tra i proprietari, che hanno pattuito la cessione della cubatura, e non un asservimento attuale di un fondo a favore di un altro…”.
Di conseguenza, in base a questa tesi, l’imposta di registro, non deve essere applicata secondo le disposizioni inerenti i trasferimenti immobiliari, ma bisognerebbe applicare l’articolo 9 della citata tariffa. Questa disposizione prevede l’applicazione dell’imposta di registro con l’aliquota del 3% in riferimento alle prestazioni a contenuto patrimoniale diverse da quelle contemplate dalle altre disposizioni della medesima tariffa.
Recentemente, la stessa Corte, preso atto del contrasto giurisprudenziale emerso in merito alla natura giuridica della cessione di cubatura, con l’ordinanza n. 19152/2020, ha rimesso la questione al vaglio delle sezioni unite del Collegio, rimarcando l’importanza della corretta qualificazione giuridica della cessione di cubatura ai fini dell’applicazione dell’imposta di registro.
Le sezioni unite si sono pronunciate con la sentenza n. 16080/2021. In questa occasione è stata superata la tesi dell’assimilazione della cessione di cubatura a un trasferimento di diritto reale ed è stata accolta la tesi della natura obbligatoria della cessione di cubatura.
Si è, infatti, precisato che la cessione di cubatura “…è atto:
- immediatamente traslativo di un diritto edificatorio di natura non reale a contenuto patrimoniale;
- non richiedente la forma scritta ad substantiam ex articolo 1350 c.c;
- trascrivibile ex articolo 2643 c.c., n. 2 bis”.
Di conseguenza, si è ritenuto che l’atto mediante il quale si pone in essere una cessione di cubatura, deve scontare:
- l’imposta di registro con l’aliquota del 3% (articolo 9 tariffa parte prima allegata al Dpr n. 131/1986)
- l’imposta ipotecaria in misura fissa, in caso di trascrizione (articolo 4 tariffa allegata al Dlgs n. 347/1990)
- l’imposta catastale in misura fissa, in caso di voltura catastale (articolo 10, comma 2, D.Lgs. n. 347/1990).
Per quanto attiene specificatamente alla trascrizione dell’atto avente ad oggetto la cessione di cubatura, occorre precisare che il comma 2-bis dell’articolo 2643 cc prevede la trascrizione dei “…contratti che trasferiscono, costituiscono, o modificano i diritti edificatori comunque denominati, previsti da normative statali o regionali, ovvero da strumenti di pianificazione territoriale”.
Al riguardo, come evidenziato dalla citata sentenza n. 16080/2021, occorre precisare che la circostanza che un determinato atto sia soggetto a trascrizione non implica necessariamente il carattere reale del negozio giuridico contenuto nell’atto stesso. Infatti, la trascrizione è prevista anche in relazione ad atti aventi natura meramente obbligatoria, come, ad esempio, i contratti di locazione ultranovennale o i contratti preliminari.
Con la stessa sentenza n. 16080/2021 si è, anche, evidenziato che la soluzione di applicare l’imposta di registro con l’aliquota del 3% alla cessione di cubatura, potrebbe apparire a prima vista incongrua in quanto si avrebbe “…un diverso trattamento fiscale a seconda che l’atto presentato alla registrazione sia una cessione di cubatura, piuttosto che un trasferimento della proprietà di un fondo edificabile”.
In particolare tale incongruenza deriverebbe dalla considerazione che “…non è raro che il valore venale del terreno edificabile venga di fatto a praticamente identificarsi con quello della cubatura su di esso esercitabile”.
Pertanto, sarebbe anomalo che atti negoziali, mediante i quali si realizza uno stesso scopo pratico e che attestano una capacità contributiva di fatto analoga, siano colpiti fiscalmente in maniera diversa, in base allo strumento negoziale scelto dalle parti.
Questa anomalia, secondo i giudici, però, sussisterebbe soltanto nel momento in cui si genera ricchezza con l’atto di alienazione (cessione della cubatura o cessione della proprietà del terreno edificabile). Al riguardo, però, è necessario considerare che l’imposta di registro, per effetto dell’articolo 20 del Tur, presuppone che l’atto presentato alla registrazione, sia tassato in base ai suoi effetti giuridici e non in base ai suoi effetti economici. E, proprio in considerazione del fatto che, sul piano degli effetti giuridici, il trasferimento della proprietà di un fondo edificabile e la cessione della cubatura sono negozi tra loro molto differenti, è stata superata la presunta incongruenza sopra descritta e ribadita la correttezza della tassazione della cessione di cubatura, ai fini dell’imposta di registro, con l’aliquota del 3 per cento.
fonte fiscooggi.it